sabato 3 giugno 2017

Felici o infelici? Lo Smart Working come ‘filosofia di vita’

di Marina Mongillo


Il 29 gennaio 2014 un gruppo di parlamentari, prima firmataria Alessia Mosca, hanno predisposto e avanzato una proposta di legge dal titolo “Disposizioni per la promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”, in quanto tale forma lavorativa, nella stragrande maggioranza dei casi, è fortemente sottoutilizzata. Così esordisce:
ONOREVOLI COLLEGHI! — Lo Smart Working è una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità, in modo particolare di orari e di sede. Il futuro dell’organizzazione del lavoro passa necessariamente da qui: lì dove il lavoro incontra le nuove tecnologie, infatti, nascono occasioni che non possiamo permetterci di ignorare e che ci portano a un importante cambiamento di mentalità.

Sono ormai passati più di tre anni da quel 29 gennaio, ma di lavorare in modalità Smart in Italia – soprattutto nelle grandi aziende – già si discuteva e, dopo ben 3 anni, il 10 maggio scorso è stato approvato dal Senato il disegno di legge recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e del lavoro agile, in attesa solo della pubblicazione ufficiale in Gazzetta. 
Le statistiche dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano evidenziano come dal 2013 al 2016 ci sia stato un aumento del +2% con una stima di 250.000 Smart Worker, principalmente uomini residenti al Nord Italia, ma anche il genere femminile sta aumentando. Questo approccio al mondo del lavoro viene assunto come una ‘filosofia di vita’. Carl William Brown sosteneva di quanto la filosofia potesse fare bene, ma allo stesso tempo nella ricerca della felicità si andava a sbattere contro la scoperta dell’infelicità. 
La pressione temporale che gli individui postmoderni percepiscono, questa continua mancanza di tempo è solo una costruzione sociale, il cui scopo è connettere le vite delle famiglie alle logiche del mercato globale e finanziario. Lo Smart Working con la sua ideologia di ottimizzazione dei tempi e l’aumento per le possibilità di carriera, senza differenza di genere, sembrerebbe offrire una soluzione eccezionale, soprattutto per la donna lavoratrice, che negli anni si è vista caricata di aspettative, colpevole, secondo le convenzioni sociali, di trascorrere meno tempo all'interno della famiglia, rispetto al passato. La Wajcman ama sottolineare, attraverso l’analisi del tempo e la ripercussione che lo stesso ha sulle famiglie, come il problema non sia la mancanza di tempo, ma la qualità del tempo fruito, e le tecnologie digitali svolgono, in questo contesto, un ruolo fondamentale, ridimensionando l’organizzazione sociale, il tempo delle famiglie e, maggiormente, il tempo delle donne. Oggi, la nostra adorata madre potrà finalmente abbattere i confini spazio/tempo e vita privata/professionale. Oggi, potrà finalmente rendersi molto più multitasking del passato e oltre a svegliarsi all'alba, preparare la colazione, preparare il pranzo per sé, il marito e i figli, lavarsi, cambiarsi per andare a lavoro, rendersi presentabile, ma soprattutto non mostrare un filo di stanchezza sul volto, dovrà rendersi conto che il suo lavoro per ‘obiettivi’ non è terminato e che deve collegarsi con il collega al più presto, che deve assolutamente terminarlo, non importa se sono le 22.00 e che la stanchezza ormai è padrona del suo corpo. La causa di tutta questa dinamicità è dovuta certamente alle nuove tecnologie, che hanno sì permesso alle donne di emanciparsi, di ottenere nuove opportunità, ma soprattutto – creando tecnologie come quella del biberon – hanno permesso alle madri lavoratrici di rendere la loro vita molto più agile e veloce. Le ITC hanno modificato i vincoli di spazio e tempo dando la possibilità di lavorare ovunque e in qualsiasi momento. I dispositivi digitali alleviano la pressione del tempo, anche se il lavoro è eseguito nel tempo ed è considerato un atto temporale poiché si basa sullo scambio di retribuzione per la capacità di lavorare in un periodo di tempo specificato. Ma se la persona non reggesse a tutta questa dinamicità? Se una madre dovesse crollare? Quanti mondi crollerebbero? Quanti equilibri potrebbero spezzarsi?


Molte grandi imprese stanno adottando lo Smart Working, basando le relazioni aziendali sulla fiducia, la flessibilità, adottando modelli culturali diversi dal passato che modificano le regole e che donano benessere alla persona. Molte sono le paure. Si teme che questa filosofia di vita generi aspettative contrarie; si teme che il lavoro agile permetterà allo sfruttamento di entrare nelle case di lavoratori e lavoratrici in salute e malattia, 365 giorni l’anno finché il licenziamento non li separi; si teme che essere abbastanza ‘flessibili’ non basti e che produrre, produrre, produrre sarà l’unica via d’uscita se si vuole evitare il licenziamento: produrre come non si è mai fatto prima, senza limiti d’orario e all'ora che preferite, in altre parole? Sempre! Always! L’autogestione del proprio tempo sembrerebbe regalare un sorriso smagliante a tutti i lavoratori più disperati, che passano poco tempo a casa e che non conoscono il tempo libero, ma potrebbe anche corrispondere a una falsa autonomia che trasforma i profitti nel vero padrone del tuo lavoro e anche della tua vita privata. Lo Smart Working si sta vendendo come modalità del lavoro innovativa, in contrasto con il logorio della vita moderna, ma noi sappiamo che è solo un tassello che va ad ampliare il quadro del lavoro regolato dal Jobs Act dove flessibilità, occupabilità e lavoro informale non sono certo una novità, ma l’imperativo sotto il quale si regola e si gestisce al meglio lo sfruttamento della forza lavoro. La questione dunque è questa: le sfide è ovvio che comportano dei rischi, che il cambiamento fa paura e che molto spesso non sappiamo come gestirlo, ma progettare il cambiamento e disegnare una visione del lavoro futuro molto più semplice e gestibile, meno faticosa, ma soprattutto che renda felice gli infelici sfruttati deve essere possibile. I mezzi per migliorarci li possediamo, e anche da parecchi anni ormai. Allora perché non rimboccarsi le maniche e bandire per sempre lo sfruttamento dell’uomo? Perché non adottare questa ‘filosofia’ e fare in modo che ci renda ‘solo’ felici? Le speranze ci sono. Il cambiamento è in atto. Dobbiamo solo aspettare e pregare!

BIBLOGRAFIA

Lavoro InSubordianto, “Il regime del salario: Smart working, smart profit…Smart strike?”, Asterios, Trieste, 2016

Wajcman J., “Pressed for Time: The Acceleration of Life in Digital Capitalism”University of Chicago Press, 2014

Osservatorio Smart Working, In Italia il lavoro è sempre più ‘agile’”, Politecnico di Milano 12 ottobre 2016

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