giovedì 10 aprile 2014

Tecnologia: utensile-specchio per l'artigiano moderno

"Fare è pensare". Questa è l'intuizione che ha guidato Richard Sennett - sociologo americano - nella stesura dell'opera The Craftsman dove, servendosi di continui andirivieni temporali, ha voluto enfatizzare le caratteristiche dell'artigiano, emblema dell'abile lavoratore la cui attività da sempre esprime arte, sapienza e perizia.

Per l'autore essere artigiani è un impulso umano che prescinde il talento, è la manifestazione nel lavoro del valore del "far bene per se stessi" che spinge l'essere umano al continuo miglioramento.
Per anni siamo stati orientati verso l'accettazione di personaggi eccezionali, dal talento innato, dimentichi che le società definite tradizionali - a partire dalla Grecia arcaica - erano fondate sulla trasmissione generazionale delle abilità tecniche. In tali contesti la parola "genio" non aveva ragione di esistere, lo sviluppo della perizia artigianale, il diventare un esperto e capace falegname, scultore o musicista era solo la normale conseguenza delle norme sociali vigenti. L'attitudine all'essere artigiano risiede tutta nell'esercizio della tecnica, nella ripetizione che cambia man mano che sviluppiamo destrezza. Volendo usare le stesse parole di Sennett, "l'abilità è una capacità pratica ottenuta con l'esercizio".

Sulla strada della costruzione del proprio talento, un grosso ostacolo che incontra l'artigiano moderno è costituito dalle macchine. Se nel periodo della rivoluzione industriale la minaccia era fisica (riduzione del lavoro umano a favore di strumentazioni che non risentivano della stanchezza e avevano prestazioni nettamente superiori) oggi la minaccia è nuova, e di tipo intellettivo.


Oggi, per il sociologo americano, è in atto un divorzio tra la mano e la testa, favorito dal cattivo utilizzo delle macchine che privano l'essere umano del ragionamento intellettivo, depauperandolo della capacità di sviluppare abilità. Un esempio su tutti è la creazione di un software denominato CAD che consente ad ingegneri e architetti la progettazione virtuale di oggetti fisici (come ad esempio gli edifici) anche di natura complessa in tempo reale e ad altissimo livello di precisione. Ma cosa succede alla mente dell'architetto quando la realizzazione pratica di un oggetto viene scissa dalla manualità dell'azione? Il disegno, il tratto scritto è da sempre considerato come l'esperienza che al meglio riesce a conferiti piena conoscenza dell'oggetto in questione. Tramite la riscrittura e la revisione il prodotto prende forma dentro di noi, inizia un confronto diretto con la materialità, con la sua corporeità, il disegnatore crea un legame che è impossibile da riprodurre con l'iperrealtà istantanea fornita dal programma.
Necessario, quindi, risulta instaurare un rapporto che sia bidirezionale tra uomo e macchina, in modo che il primo non diventi uno spettatore passivo di abilità tecniche sempre più avanzate senza potervi partecipare attivamente. Continuare a pensare da artigiani facendo un corretto uso delle tecnologie, impedendo a queste di inibire le capacità umane. Ma ciò è realmente possibile?

Per Sennett le nuove tecnologie si dividono in due macro categorie: i replicanti e i robot. Nel primo gruppo rientrano le macchine che rispecchiano ed imitano le nostre caratteristiche, il loro funzionamento è tarato in base ai parametri umani; il secondo gruppo riguarda macchine potenziate che amplificano le attività umane, fornendo prestazioni di gran lunga superiori, strumentazioni attraverso le quali l'uomo misura la propria inadeguatezza, entrando in crisi e sfiduciando le proprie abilità.

A fronte della propagazione di tali robot, sono due le possibili conseguenze che si prefigurano all'orizzonte per l'artigiano moderno: un futuro dove le macchine prenderanno definitivamente il controllo delle attività umane, riducendole in poche e semplici operazioni, privando l'individuo di una qualsiasi rappresentanza intellettiva nelle operazioni svolte; oppure, in alternativa, un futuro "illuminato" dove la macchina diventi un "utensile-specchio", ossia uno strumento che ci inviti a riflettere su noi stessi, immaginando la loro potenza come funzione delle nostre capacità, che proponga e non imponga metodologie tecniche. Un futuro dove l'uomo resti al comando, imprimendo la propria impronta identitaria nel lavoro tecnico.

Un contesto a noi contemporaneo dove sembrerebbe che il secondo scenario sia quello più realistico è nel campo della progettazione opensource, e nello specifico il caso dei programmatori di Linux. L'autore non indugia nel classificarli come moderni artigiani, poiché questa comunità fa propri valori tipici come: l'aspirazione alla qualità, al miglioramento tramite la ripetizione e la riformulazione della tecnica; una comunità dove la macchina invita all'attuazione di nuovi modi di lavorare, migliorativi per l'uomo ed indispensabili per il progresso, come la condivisione e la collaborazione, dove i criteri per determinare un buon lavoro sono stabiliti dalla comunità stessa aperta a continui feedback sulla rilevazione e risoluzione dei problemi. Caratteristiche che risultano essere segni distintivi per le comunità di artigiani che da secoli si fondano proprio sulla trasmissione delle conoscenze, delle abilità tecniche e del saper fare e che in questo caso specifico subiscono semplicemente una forte accelerazione.

Ma per un solo "caso Linux" esistono tante altre aziende contemporanee che negano e impediscono il diffondersi delle virtù artigiane, impedendo la realizzazione dei loro stessi obiettivi. Come lo stesso Sennett ricorda, il modello artigiano è un modello a lungo termine, dove bisogna investire sulle persone e non ricercare economiche soluzioni al di fuori del confine aziendale, bisogna puntare sulla crescita delle competenze, altrimenti qualsiasi tipo di scenario risulterà fallimentare. Ma questo non sempre risulta possibile.

Tempo di formazione, condivisione del sapere e cooperazione risultano essere dopo secoli ancora i tre elementi essenziali per un lavoro che si contraddistingue per qualità e passione. Un forte sostegno alla riproduzione di queste tecniche nel campo lavorativo è fornito dalle stesse macchine, tecnologie digitali che negli anni si sono evolute sempre più fino a diventare elementi catalizzatori per lo sviluppo di progetti ed innovazioni. Nello specifico contesti come i FabLab, vere e proprie officine democratiche di apprendimento di capacità progettuali e realizzative, risultano essere la trasposizione contemporanea delle antiche botteghe dove le tecnologie si trasformano in strumenti in grado di sovvertire le logiche industriali di produzione. Le caratteristiche su cui si fondando questi laboratori, che pian piano si stanno diffondendo anche sul nostro territorio nazionale, sono principalmente le dinamiche del peer-to-peer learning ossia un apprendimento collaborativo tra pari che garantisce lo scambio di esperienze e conoscenze e la riproducibilità dei progetti sviluppati.

In questi contesti crescono e maturano artigiani digitali promotori di un movimento dal basso e tesorieri di una cultura del lavoro che vede in questo l'espressione delle proprie passioni.

1 commento:

  1. L'artigianato digitale non va riferito al paradigma informatico che distingue hardware e software, ma alla capacità di utilizzare tecnologia dell’informazione riferendola al modello di business tipico dell’artigianato, rivolta a micromercati, che applica la tecnica delle code lunghe a segmenti piccoli e numerosi, clienti caratterizzati da bisogni specifici, di nicchia.

    "L'attualità dell'artigianato e la sua anima digitale", un articolo di Andrea Granelli: http://www.agranelli.net/DIR_rassegna/ART_QuadRicArtig_2013.pdf

    RispondiElimina