sabato 21 maggio 2011

Sherry Turkle: "Alone Together"


In un articolo del New York Times si parla di come le nuove tecnologie abbiano un ruolo fondamentale nello scandire i ritmi della vita quotidiana, facendo riferimento al testo "Alone Together", di una grande esperta di tecnologie, Sherry Turkle, che si è occupata della creazione delle interazioni in Rete e dei suoi effetti sulla psiche umana.

Riporto brevemente il contenuto dell' articolo:

Teenager che inviano e ricevono sei - otto mila messaggi al mese e che trascorrono ore al giorno su Facebook. Persone in lutto che inviano messaggi durante una cerimonia funebre perché non riescono a resistere un'ora senza usare i loro BlackBerries. Bambini che vedono una tartaruga autentica delle Galapagos all'American Museum of Natural History e non capiscono perché il museo non abbia utilizzato una tartaruga - robot. Studenti delle scuole superiori che si meravigliano di quanto i loro profili Facebook dovrebbero rivolgersi agli argomenti ritenuti interessanti dai loro amici.
Come fa notare Sherry Turkle nel suo nuovo libro "Alone Together", la tecnologia sta cambiando il modo in cui le persone si relazionano tra loro e costruiscono le loro vite interiori. In questo testo Sherry Turkle non considera gli usi politici della Rete, come il caso delle insurrezioni in Egitto o in altri Paesi del Medio Oriente, ma si concentra sugli effetti psicologici "collaterali" che le nuove tecnologie potrebbero avere su di noi.

giovedì 19 maggio 2011

Partecipazione digitale

Shirky nel suo libro Surplus cognitivo parla di come la vita sociale nel ventesimo secolo crea un’atomizzazione che ci spinge lontani dalla “cultura partecipativa” (Shirky, pag. 19) e una delle cause di questa atomizzazione è da ricercare all’interno delle innovazioni tecnologiche. Dalla televisione ai new-media .
Paradossalmente sono proprio le tecnologie digitali (le stesse che provocherebbero questa atomizzazione) a porre una sorta di rimedio ad un processo di individualizzazione che le vuole vedere protagoniste. Un processo che nasce prima dell’inizio dell’era digitale (Pecchinenda, Homunculus, pag. 1-90).
Ma cosa significa veramente partecipare? Se il concetto si limita solo ad una partecipazione fisica allora Shirky ha ragione. I nuovi media ci rinchiudono nelle nostre nicchie. Per partecipazione, però, s’intende anche il “prendere parte in misura più o meno intensa e regolare alle attività caratteristiche di un gruppo, di un’associazione” (cit. Gallino, Dizionario di Sociologia). In questo senso notiamo che i nuovi media hanno rifondato questa partecipazione e fatte nascerne anche di nuove. Un esempio banale è la partita di calcio vista sulla poltrona di casa. Fisicamente non si è allo stadio ma non possiamo dire che non si sta partecipando a quell’evento. Si è semplicemente creata una nuova forma di partecipazione che non prevede necessariamente una compresenza fisica dei partecipanti.
Lo stesso vale anche per le dinamiche della rete. Le piattaforme Wiki sono un’esempio di partecipazione, di condivisione dei saperi. Anche tanti giochi on-line (ma non solo) prevedono forme di partecipazione  per avanzare di livello. E le varie forme di giornalismo partecipativo non fanno parte della partecipazione?
A volte può anche capitare che una "partecipazione digitale" possa diventare anche fisica. E' il caso delle rivoluzioni del mondo islamico. Se è vero che tutto è partito dal passaparola in internet, tanto da far nascere il termine "Rivoluzione 2.0", è anche vero che la rivoluzione è passata dai computer alle strade. E i risultati sono davanti agli occhi di tutti.
Ultima nota. Sempre nel Surplus cognitivo (pag. 21) Shirky cita il concetto looky-loo di Dave Hickey. Questo è un tipo di pubblico (il padre di Hickey era un musicista) interessato solo a consumare. Ma il consumo (di arte in questo caso) non è una forma di partecipazione? Non si sta lo stesso all’interno di una dinamica partecipativa? Il semplice atto di acquistare non è una partecipazione a far crescere la popolarità di un artista? 

mercoledì 18 maggio 2011

Stephen Wiltshire il ragazzo che disegna le città a memoria


Questo è il video del ragazzo autistico di qui abbiamo parlato a lezione. In questo video disegna Roma dopo averla vista con un giro in elicottero!

martedì 17 maggio 2011

Cosa è un sito di Social Bookmarking?


Ecco un video davvero molto molto semplice che spiega cosa è e come funziona unsito di Social Bookmarking.

Come funziona un Social Network


Ecco un video simpatico che spiega a grandi linee come funziona un social network.

lunedì 16 maggio 2011

In media veritas

Nanni Moretti, nel 1998, in una scena del film "Aprile" ironizzava sui giornali italiani: erano tutti uguali. A distanza di oltre un decennio la situazione della stampa quotidiana non appare molto cambiata, anzi.




Per la fortuna di chi considera un giornale come "la preghiera dell'uomo moderno", internet è stato artefice di un piccolo miracolo nel campo dell'informazione, premiando (e punendo allo stesso tempo) gli editori alla ricerca forzata di nuovi modelli di business, dando spazio alle nuove forme di giornalismo così dette partecipative.

I blog hanno conquistato sempre più autorevolezza nel campo dell'informazione e non è un caso che Beppe Grillo, Claudio Messora e Piero Ricca abbiano un'interessante fetta di lettori nonostante siano spesso tenuti in penombra dai sistemi mainstream.

Tra i prodotti editoriali più interessanti spicca  Il Fatto Quotidiano, giornale online e cartaceo che in fase di start up era nato con il sito internet L'Antefatto, per poi entrare a pieno regime nel settembre del 2009. Il giornale, nonostante non riceva alcun finanziamento pubblico, riesce ad essere immune dall'emorragia finanziaria che sta coinvolgento i grandi nomi dell'editoria, chiudendo l'anno 2010 con i blianci in attivo.


Degni nota  anche Lettera43, Giornalettismo, e sopratutto Il Post che si ispira allo statunitense Huffington Post, fondato dalla giornalista Arianna Huffington.

Senza disdegnare progetti di citizen journalism come AgoraVox, GlobalVoices e YouReporter, una voce di approfondimento nuova la offrono le neonate  Linkiesta e Cado In Piedi, quest'ultima  frutto della casa editrice Chiarelettere e curata dalla Casaleggio Associati di Milano.

Se la storica formula "Follow the money" - usata dai giornalisti del Washington Post in occasione dello scandalo del Watergate - è una regola aurea per un'inchiesta giornalistica, lo è altrettanto per capire quanto una testata possa essere credibile. Oltre a controllare un eventuale finanziamento pubblico che rende il giornale una mera cassa di risonanza della politica, ad onor del vero, è sempre opportuno fare uno screening della società editrice e della relativa concessionaria pubblicitaria, visto che l'advertising può condizionare notevolmente la linea editoriale, come denuncia Giuseppe Altamore nel libro "I padroni delle notizie".

Larry Lessig: creatività, tecnologie digitali, legge

Lawrence (Larry) Lessig è un giurista statunitense, professore alla Harvard Law School, fondatore e amministratore delegato di Creative Commons. Uno dei temi più affrontati all'interno dei suoi contributi è senza dubbio il rapporto che sussiste tra creatività, tecnologie digitali e legge.
Navigando su youtube ho trovato questo video, un intervento alla TED Conference, in cui Lessig spiega le caratteristiche di quella che lui chiama Read Write Culture. Ho pensato così di riportare il contenuto della parte centrale del suo discorso.

Una cultura Read Write si definisce tale quando le persone partecipano nel processo di creazione e di ri- creazione della stessa. Una cultura Read Only esiste quando la creatività è passiva e il consumatore non è creatore allo stesso tempo.

Secondo Lessig uno degli aspetti sicuramente più significativi di ciò che Internet sta facendo, è quello di rilanciare la cultura Read Write. Le tecnologie digitali e l'UGC celebrano la cultura degli amatori, ovvero persone che producono per passione e non per soldi.

Non si può parlare di pirateria quando si prende il contenuto di altri e lo si rielabora in forma creativa, dicendo cose in modo diverso. Ciò che conta non è la tecnica, piuttosto il fatto che questa tecnica sia stata democraticizzata. Questi strumenti di creatività sono quindi diventati strumenti di espressione.

La legge sembra invece andare in direzione opposta. Il copyright non incoraggia un tipo di cultura come quella definita Read Write.
Lessig propone allora due soluzioni: 1) che gli artisti, i produttori di contenuti scelgano di rendere i propri lavori più disponibili (per esempio l'accesso al loro lavoro può essere gratuito per usi non commerciali, a pagamento per usi commerciali); 2) che il mondo del business possa farsi portavoce di questo cambiamento e renderlo possibile.

martedì 10 maggio 2011

Anche Fido diventa "Social"

A proposito di privacy e connessione tra mondi virtuali e mondi reali, ho letto di questa azione di marketing un po' particolare. Foursquare è il servizio di geolocalizzazione più utilizzato e diffuso tra gli utenti, che competono e si divertono tra di loro. Uno dei suoi punti forti, infatti, è l’aspetto ludico, che spinge le persone a effettuare check-in per sbloccare i livelli e diventare sindaci dei luoghi che visitano. Da poco il servizio ha dato accesso ai Brand ed un esempio di business legato alla geolocalizzazione è proprio questo: un produttore tedesco di cibo per cani, "GranadaPet", ha sistemato per strada un cartellone digitale interattivo che elargisce una porzione di croccantini quando qualcuno si ferma davanti al manifesto e si collega, via smartphone, al social network Foresquare. Ogni volta che un passante fa chek-in sul sito, si apre uno sportellino, spunta una dose di croccantini e l'animale dell'interessato fa merenda sul posto.

Vedi il video e l'articolo

I sistemi di collaborazione in rete: La "peer production"

Vent’anni fa scoppiava la prima Guerra del Golfo e cambiò la tv


"La prima Guerra del Golfo, comunque, fu anche uno snodo nella storia dei media: si trattò infatti della prima guerra, come si disse allora, in diretta televisiva, e la professione dell'inviato sul campo di battaglia venne modellata sulle cronache e le esperienze di Peter Arnett, il giornalista della Cnn che raccontò la guerra dalla Baghdad bombardata. Vent'anni dopo le televisioni all news hanno raccontato molti altri conflitti, anche poi quella sensazione di "realtà raccontata per immagini" dalle tv è rapidamente svanita." [cit.]

Leggi l'articolo completo

PS: cercando in rete ho trovato un documento, che si occupa in maniera un po' più approfondita del rapporto guerra/televisione in particolare della guerra del Vietnam e del Golfo Persico.

lunedì 9 maggio 2011

Cosa condividiamo e con chi

Nielsen ha da poco pubblicato uno studio per Aol sull'attitudine a condividere. L'interesse è direttamente finalizzato a cogliere opportunità di business, ma la lettura è interessante e offre spunti comparativi. E vale la pena anche di dare uno sguardo alla grafica oltre che ai dati.


sabato 7 maggio 2011

Surplus Cognitivo

Il libro di Clay Shirky introduce il concetto di Surplus Cognitivo, presentandolo come una nuova risorsa ricca di interessanti oppurtunità per la nostra società. Al surplus cognitivo non corrisponde soltanto una quantità di tempo libero maggiore a disposizione: ad essa si associa lo sviluppo dei nuovi media come strumento di partecipazione, condivisione e discussione pubblica, ma soprattutto la motivazione. L’insieme di questi tre “ingredienti” crea il surplus cognitivo.
L’analisi dell’autore parte dalla descrizione della realtà londinese del XIX secolo. Il caos generato dalla ben nota industrializzazione portò a un fenomeno poi denominato Gin Craze. Il consumo di gin, che in quel periodo crebbe notevolmente, rappresentava qualcosa di gradevole e inebriante, un meccanismo di difesa per uomini e donne che si ritrovarono in una nuova realtà sociale da affrontare. Alla base è chiara l’esistenza un un mutamento sociale.

E noi? Qual è il nostro gin? Shirky, nell’epoca di transizione al mondo post industriale in cui sempre più persone sono pagate per produrre contenuti piuttosto che oggetti, identifica nel consumo di sitcom, tv e infomercial il nostro gin.

giovedì 5 maggio 2011

La sfera pubblica in Rete

Una grande conseguenza dell' economia dell' informazione in rete, secondo Benkler, è la transizione da una sfera pubblica di massa a una sfera pubblica in rete. Questo cambiamento si basa sulla libertà crescente di partecipare come singoli individui alla creazione di conoscenza e informazione e sulla possibilità che una sfera pubblica emerga accanto ai mass media commerciali. I mass media commerciali tendono a selezionare le questioni di interesse pubblico tralasciando alcuni aspetti. Essi danno ai loro proprietari un enorme potere nello strutturare le opinioni e informazioni e questo potere può essere usato direttamente o venduto al miglior offerente.

La sfera pubblica in rete, invece, permette agli individui di comunicare agli altri le proprie osservazioni e punti di vista, evitando il controllo dei padroni dei media. Questo è un dato fondamentale, in quanto le piattaforme dei nuovi media permettono a chiunque d'introdurre un'opinione, una critica o una preoccupazione nel dibattito pubblico. Inoltre, stiamo assistendo anche all'emergere di approcci nuovi e decentrati per sorvegliare sugli attentati alla democrazia e per partecipare al dibattito politico e alla vita delle organizzazioni politiche. Questi approcci sono diventati componenti standard della costruzione della sfera pubblica; ma hanno forme chiaramente non commerciali; forme che non sarebbero state sostenibili prima della nascita dell'ambiente dell'informazione in rete (Benkler 2007, 12-15).

Nei concetti riguardanti la sfera pubblica esposti da Benkler vi è un'analogia con il pensiero di Clay Shirky.
Shirky in "Surplus cognitivo" ci fa notare come le nuove tecnologie abbiano apportato cambiamenti inaspettati al nostro modo di percepire la realtà. Il cambiamento non è tanto insito negli strumenti quanto nel nostro modo di "connetterci" agli altri, un desiderio che i media tradizionali non soddisfano in quanto rendono passivo l'individuo. Il fare-e-condividere presente in Rete, al contrario rende l'individuo attivo sia nel pensare che nell'agire e questo si evidenzia maggiormente nei dibattiti sulle questioni d'interesse pubblico.

Un esempio che fa Shirky riguarda il sito Ushahidi, che informa i cittadini sulle esplosioni di violenza etnica. Nel dicembre del 2007, in occasione delle elezioni, si era creata una forte contrapposizione fra sostenitori e oppositori del presidente Mwai Kibaki, e Ory Okolloh, un' attivista politica keniota, quando il governo vietò ai media tradizionali di dare notizia dei disordini, cominciò a denunciare le violenze nate da questa situazione sul suo blog, chiedendo inoltre ai suoi lettori di postare comunque il suo blog, con mail e commenti, eventuali testimonianze di ulteriori fatti cui potessero aver assistito. Questo esperimento ebbe un gran successo: le notizie cominciarono ad affluire numerose.
La novità della sfera pubblica in rete era questa: prima di Ushahidi, la gente veniva a conoscenza delle violenze solo se si trovava passarvi vicino; non esisteva un servizio pubblico cui i cittadini potessero rivolgersi per conoscere i luoghi pericolosi o per capire cosa stesse succedendo o per offrire aiuto. Ushahidi fu creato per aggregare un sapere disponibile ma disseminato per riunire conoscenze frammentate di singoli testimoni in un quadro nazionale (Shirky 2010, 14-16).

Questo ci fa capire come la rete ha avuto e, continua ad avere, un importante implicazione sociale anche nel mobilitare gli individui in difesa dei propri diritti. La Rete, quindi, si afferma come strumento democratico che dà maggior potere al cittadino, rendendolo meno passivo di fronte a chi detiene il potere.

martedì 3 maggio 2011

Venti cose sul web e i browser

Nello scorso autunno un signore che si chiama Min Li Chan e che lavora per Google ha curato e pubblicato un bel libretto che spiega in termini molto semplici e diretti le principali innovazioni tecniche dei moderni browser, si intitola Venti cose che ho imparato sui browser e la rete.
In realtà non è un libretto ma una serie di pagine animate che simulano l'eperienza dello sfogliare un libretto senza usare la tecnologia Flash di Adobe, ma il nuovo standard HTML5. Il libro è in Inglese, si capisce abbastanza bene ed è corredato da bei disegni di C. Niemann. Quella che vedete qui accompagna il capitoletto sulla privacy.
I browser e le loro potenzialità sono una parte importante a livello micro della nostra esperienza e expertise della rete.
Io ho anche provato a farne una traduzione, insieme agli studenti della triennale. La cosa più difficile da tradurre sono le battute. Non è terminata, ma appena la ritrovo la condivido.

Internet nell' America del 2004

Ecco un rapporto su Internet e la vita quotidiana. E' del Pew / Internet, risale al 2004 e potrebbe essere utile per vederne la struttura, considerare le differenze con la rete di oggi e misurare la distanza tra le pratiche di quella società e la nostra. Con gli anni la riflessione dell'istituto sulla rete si è notevolmente approfondita e le tematiche affrontate in quel primo rapporto si sono moltiplicate e sono state via via enucleate. Uno sguardo alla produzione recente di ricerche permette di visualizzare, anche con un semplice colpo d'occhio ai titoli, la gamma delle questioni di più stringente attualità: dal rapporto che gli adolescenti hanno coi loro gadget, al tema della rete come strumento di autodiagnosi e terapia medica, dagli effetti dello spam alla fiducia nelle transazioni in rete, dai pericoli di isolamento alle nuove forme di socialità.