sabato 7 maggio 2011

Surplus Cognitivo

Il libro di Clay Shirky introduce il concetto di Surplus Cognitivo, presentandolo come una nuova risorsa ricca di interessanti oppurtunità per la nostra società. Al surplus cognitivo non corrisponde soltanto una quantità di tempo libero maggiore a disposizione: ad essa si associa lo sviluppo dei nuovi media come strumento di partecipazione, condivisione e discussione pubblica, ma soprattutto la motivazione. L’insieme di questi tre “ingredienti” crea il surplus cognitivo.
L’analisi dell’autore parte dalla descrizione della realtà londinese del XIX secolo. Il caos generato dalla ben nota industrializzazione portò a un fenomeno poi denominato Gin Craze. Il consumo di gin, che in quel periodo crebbe notevolmente, rappresentava qualcosa di gradevole e inebriante, un meccanismo di difesa per uomini e donne che si ritrovarono in una nuova realtà sociale da affrontare. Alla base è chiara l’esistenza un un mutamento sociale.

E noi? Qual è il nostro gin? Shirky, nell’epoca di transizione al mondo post industriale in cui sempre più persone sono pagate per produrre contenuti piuttosto che oggetti, identifica nel consumo di sitcom, tv e infomercial il nostro gin.



L’osservazione interessante è come, nello spazio di una generazione, guardare la televisione sia stato un vero e proprio lavoro part-time per tutti i cittadini del mondo sviluppato. Il motivo per cui non si è intervenuto è lo stesso per cui due secoli prima non si intervenne sul consumo smisurato di gin: il fenomeno a cui assistiamo è una conseguenza, non una causa. L’esplosione del surplus di tempo libero è coincisa con una riduzione del capitale sociale; la televisione infatti si è proposta come un surrogato sociale.

Negli ultimi anni però, si sta assistendo a un’inversione di tendenza: del surplus di tempo di cui la nostra società dispone, le nuove generazioni lo stanno investendo nei nuovi media, che presuppongono un concetto di consumo mediale differente da quello tradizionale. Esiste partecipazione, scambio, interrattività. In una parola sta prendendo forma il concetto di surplus cognitivo. Riporto qui una frase citata da Shirky, scritta da Dave Hickey, uno storico dell’arte: “Partecipare è agire come se la vostra presenza contasse, come se, quando vedete o ascoltate qualcosa, la vostra reazione facesse parte dell’evento”.

Da quando le persone hanno cominciato a usare Internet l’accessibilità è aumentata. I nuovi media ora rappresentano non solo una fonte d' informazione, ma diventano anche un “luogo” di coordinazione. Gli strumenti di social media che di solito usiamo non sono semplicemente alternativi alla vita reale, ne sono parte (in particolare sono gli strumenti di coordinamento di eventi nel mondo reale). Andrebbe ripensato il concetto di base di media: non è soltanto qualcosa che consumiamo, ma che, allo stesso tempo, usiamo.

Un esempio è il servizio Pick Up Pal: il suo obiettivo è quello di coordinare autisti e passeggeri che devono fare la stessa strada. Se si deve risolvere il problema del pendolarismo da soli, la soluzione è prendere un' auto. Se lo si considera come un problema di coordinamento, diventa possibile escogitare soluzioni aggregate.

Altra caratteristica dell’era della condivisione sta nel fatto che sono quelli che Shirkey definisce amateurs che contribuiscono, insieme ai professionisti, all’arricchimento di contenuti e dei sistemi della rete. Per spiegare questo passaggio l’autore racconta un esperimento effettuato dallo studioso Edward Deci in cui è stato dimostrato che le motivazioni esterne non sempre sono le più efficaci e che aumentare le motivazioni esterne può generare una diminuzione di quelle interne. Per cui se a un gruppo viene chiesto di risolvere un complicato puzzle in cambio di soldi (motivazione esterna) allo scadere del tempo è più probabile che le persone accantonino l’idea di proseguire nella risoluzione, a differenza di chi invece non riceverà alcuna moneta in cambio.
Per usare adeguatamente il Surplus Cognitivo ci devono essere le giuste opportunità.

La questione è smettere di domandarsi perché un cospicuo numero di persone utilizza il proprio talento e un surplus di tempo per investirlo “generosamente” in attività pubbliche, da condividere. Piuttosto chiediamoci: perché ci sembra strano? In fin dei conti, diamo per scontata la teoria dell’azione umana basata principalmente su motivazioni personali e finanziarie. In altre parole, smettiamo di chiederci perché queste azioni vengono fatte gratuitamente e cominciamo a domandarci perché vengono fatte.

1 commento:

  1. "Andrebbe ripensato il concetto di base di media: non è soltanto qualcosa che consumiamo, ma che, allo stesso tempo, usiamo." io azzarderei dicendo che non solo è qualcosa che consumiamo ma che creiamo e modifichiamo noi stessi!

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