venerdì 2 giugno 2017

Il tempo del lavoratore nell'era digitale

di Laura Sannini

Da sempre l’uomo investe un enorme quantitativo di risorse per l’avanzamento tecnologico in modo da velocizzare i processi fisici ed ampliare le facoltà intellettive, tanto nella quotidianità quanto in ambito lavorativo; ciò che manualmente richiederebbe ore, forse giorni, con l’ausilio macchinico prende pochi minuti, a volte pochi attimi, ma questa velocità nel creare riesce davvero a far risparmiare tempo e lavoro all’uomo?
Accantonando il dilemma filosofico sorto agli inizi dell’età moderna (la macchina è un’alleata del lavoratore o una nemica che sottrae il posto alla mano umana?) l’attenzione si pone sull’interazione lavorativa tra l’uomo e la macchina: molti mestieri, come il postino, l’operatore telefonico o l’operatore bancario, stanno pian piano scomparendo, velocizzati e rimpiazzati da mezzi più potenti (l’e-mail, le registrazioni e i siti internet) o tipi diversi di occupazioni più adatte al nuovo panorama tecnologico come l’ingegnere informatico o il nomade digitale.
Queste figure professionali più specifiche modificano il panorama socio-economico inserendosi nel mondo del lavoro con nuove competenze e differenti metodi operativi, i quali portano anche un’etica professionale in linea con i bisogni del cliente, in quanto luoghi e modalità di lavoro sono cambiati radicalmente: molti di questi mestieri permettono di agire da qualsiasi luogo sia dotato uno strumento di trasmissione delle informazioni (che si tratti dell’ufficio postale o dell’applicazione di messaggistica istantanea Telegram).

Nell’epoca pre-industriale la durata del lavoro era basata sull’alternarsi delle stagioni che, con l’obbligo di suddividere le ore di luce e buio, scandivano la vita.
Con l’avvento delle macchine industriali gli orari basati sul modello fordista si erano standardizzati alle canoniche 8 ore giornaliere, 40 settimanali (regolamentate dall’articolo 36 della Costituzione italiana).
Con l’affermazione e la diffusione del digitale il tempo è frammentato, fluido, l’uomo può azzerare le distanze nella comunicazione riducendo i tempi di feedback e ampliando enormemente le possibilità di trasmissione grazie alla digitalizzazione di dati e merci.
Eppure la vita di un lavoratore serio e competente, che ci siano le macchine o meno, sembra essere variata ben poco: le ore di attività sono uguali o maggiori rispetto a quelle dell’epoca industriale e preindustriale.
Ma allora dov’è il reale mutamento che le innovazioni tecnologiche hanno apportato nel corso dei secoli?
Da una ventina d’anni siamo stabilmente raggiungibili tramite mail, cosa che rende lavorativo qualsiasi lasso di tempo sia quello in cui teniamo acceso il Wi-fi, cosa che incrementa enormemente i nostri sforzi per un lavoro progressivamente intensificato anche nelle ore “canoniche” con frequenti sollecitazioni quali messaggi, telefonate o mail.
Questa interazione costante ci procura ansia e stress, crea aspettative enormi ma poco realistiche riguardo i tempi di risposta, dandoci anche un senso di continua interruzione da qualsiasi tipo di lavoro, limitando inoltre i contatti “di persona” fra individui che lavorano anche nello stesso contesto.
Nella giornata lavorativa le interazioni tra colleghi possono essere informatizzate o faccia-a-faccia; sorprendentemente, le prime sono più legate al lavoro, non divenendo fonte di distrazione in quanto considerate parte del lavoro stesso, mentre quelle “umanizzate” causano lunghe pause, creando un tempo di lavoro frammentato e a volte sterile.
Con questo metodo di interazione continua si creano delle gerarchie per controllare e gestire il lavoro dei sottoposti e anche i propri colleghi, aumentando la competitività.

Un centinaio d’anni fa l’economista Keynes teorizzava che nel ventunesimo secolo avremmo lavorato solo 3 ore al giorno, anticipando la costante crescita di produttività. a differenza di queste previsioni, siamo sempre più in contatto con il nostro lavoro, tanto da trasformarci in cyborg perennemente con il telefono vicino. Donna Haraway, filosofa cyber femminista, abbraccia l’idea di un mondo tecnologizzato in cui gli ibridi come moderni Frankenstein vivono in simbiosi con l’incrementarsi continuo delle tecnoscienze.
Il mondo che le macchine hanno creato viaggia alla velocità della corrente elettrica, trascinando l'umanità in una folle corsa che ha come risultato una continua situazione di tensione creativa.
L’uomo frantuma il concetto di orario e luogo di lavoro, ma questo continuo velocizzarsi dell’industria porta spesso anche ad un abbassamento del livello di attenzione nella manualità e nel controllo: la tensione creativa eccessivamente prolungata non è sempre positiva, rischia piuttosto di causare la perdita di interesse e passione nel proprio lavoro.

È possibile quindi ottenere i servizi del lavoratore digitale in orari più comodi, dal momento che non c’è una tradizione d’ufficio ad imporre rigidità; probabilmente per questo ci si relaziona al tempo proprio come farebbe un dispositivo elettronico, perché in ogni momento della giornata può “accendere e spegnere” il proprio lavoro assieme all’oggetto, accedendo alla rete internet per svolgere il suo mestiere, che sia in ufficio o in un internet point, in una casa munita di connessione o per strada (grazie all’avvento della rete wireless e ai tablet portatili).
Potendo farlo in ogni momento, il professionista informatico si sente moralmente obbligato a soddisfare i clienti in ogni momento, al meglio delle sue capacità, ma il cliente dovrebbe capire quando e quanto è giusto richiedere lo svolgimento di un servizio, senza entrare nella vita privata di chi glielo offre.
È quindi anche il caso di tracciare nuovamente un confine tra lavoro e vita privata: un mestiere malleabile come quello del programmatore informatico può essere paragonato, da questo punto di vista, a quello del medico a domicilio, poiché è costretto a intervenire velocemente se un cliente riscontra difficoltà nell’utilizzare un suo prodotto, pena la cattiva pubblicità o un danno alla visibilità dell’organizzazione (pubblica o privata) per cui lavora.

Un altro possibile problema è la costante evoluzione del know-how dei clienti, ormai divenuti prosumer (producer + consumer) e non è accettabile che un operatore digitale non sia aggiornato in maniera maggiore e migliore rispetto ai consumatori; quindi oltre ad essere costantemente sotto esame da parte dei superiori e dei concorrenti, ci si ritrova a interagire con clienti consapevoli ed informati, ma soprattutto esigenti. Il produttore deve aggiornarsi quasi quotidianamente su quali siano le novità in campo digitale come in quello analogico.
Il consumatore post-moderno si è auto-creato delle esigenze che vanno appagate nei tempi che gli sono stati promessi dal continuo incremento della velocità nell’offerta di nuovi prodotti. I media bombardano di pubblicità gli utenti di qualsiasi età e ceto sociale, che vengono “educati” a sentire bisogni irreali, come ad esempio cambiare il cellulare o il computer nonostante il precedente sia ancora perfettamente funzionante; assieme alla pubblicità si aggiunge la pressione sociale: se in un gruppo di persone che comunicano frequentemente la maggioranza ha la possibilità di trasmettersi informazioni tramite un mezzo veloce e pratico, anche gli individui “conservatori” dovranno prima o poi adeguarsi alla massa o esserne esclusi.
Tale ciclo è reale anche nel mondo del lavoro: se in un gruppo di aziende dello stesso tipo i concorrenti hanno delle attrezzature più avanzate, la richiesta per quelle più antiquate diminuirà per spostarsi maggiormente verso quelle innovative.

Per concludere, l'impiego delle tecnologie in continuo mutamento non sta riducendo l’orario di lavoro di chi interagisce con esse; sta piuttosto cambiando il modo in cui il lavoratore considera sé stesso e il proprio mestiere, nonché il rapporto con il consumatore.
L’utilizzo continuo e l’interazione con le nuove tecnologie non stanno riducendo i tempi di lavoro, piuttosto li hanno solo velocizzati, creando un “orario di lavoro” senza confini definiti.


BIBLIOGRAFIA

* Brynjolfsson, Erik and McAfee, Andrew (October 2011) Race Against The Machine: How the Digital Revolution is Accelerating Innovation, Driving Productivity, and Irreversibly Transforming Employment and the Economy. Digital Frontier Press.

* Wajcman, Judy (2015). Pressed for time: the acceleration of life in digital capitalism. Chicago: The University of Chicago Press.


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