mercoledì 27 maggio 2015

Lavorare con connettività costante - Pressed for Time cap 4

Di Mary J Auriemma
Judy Wajcman, nel capitolo IV di “Pressed for time”, analizza come nel XXI secolo le tecnologie dell’informazione e della comunicazione abbiano influenzato l’esperienza di lavoro.
Le ITC hanno modificato i vincoli di spazio e tempo dando la possibilità di lavorare ovunque e in qualsiasi momento. I dispositivi digitali alleviano la pressione del tempo, anche se il lavoro è eseguito nel tempo ed è considerato un atto temporale poiché si basa sullo scambio di retribuzione per la capacità di lavorare in un periodo di tempo specificato. Eppure, nel caso delle attività lavorative più complesse risulta difficile misurare il lavoro in termini di durata o quantità di tempo.
Facendo un piccolo passo indietro è facilmente deducibile l’importanza dell’orologio nel disciplinare il lavoro e aumentare la produttività nell’ambito dell’impresa, ad esempio quella manifatturiera, come ci fa notare l’autrice. La catena di montaggio di H. Ford è stata l’espediente tecnologico per intensificare il ritmo di lavoro e aumentare la produzione.
   
Ma dietro ogni tecnologia che colpisce le relazioni sociali, citando David Noble, esistono le stesse relazioni sociali. Le tecnologie di produzione sono il riflesso dei rapporti sociali di produzione. Difatti le infrastrutture tecnologiche e i differenti ma specifici dispositivi creano le condizioni, più o meno favorevoli, per l’autonomia del lavoro, il controllo sullo sforzo e i suoi parametri. L'evoluzione tecnologica sta però riguardando sempre più anche la sfera del quotidiano, le pratiche della socialità e della riproduzione sociale. Il telefono cellulare, il personal computer, l’email, messaggi di testo, il web sono utilizzati da vari utenti modificando non solo i ritmi di lavoro ma anche pratiche sociali, convenzioni esistenti, norme ed obiettivi nelle istituzioni sociali.

Da una ricerca condotta da Pew Internet in America, nell'anno 2008, c’è stata una rapidissima diffusione delle ITC nei luoghi di lavoro che ha sensibilmente modificato il modo di eseguire l’attività lavorativa. I lavoratori americani utilizzano i principali strumenti di base dell’età dell’informazione: Internet, la posta elettronica e il telefonino aggiungendo a quest’ultimi, in epoca più o meno recente, l’acquisto di Smartphone, tablet e laptop. Tutto questo, come sottolinea la Wajcman, da un lato mette in risalto i vantaggi legati ad una maggiore connettività e flessibilità ma d’altra parte aumenta lo stress e la costante necessità di dover rispondere a nuove richieste sganciandosi da un orario prestabilito di lavoro. In tal caso la pressione del tempo ha molto a che vedere con i cambiamenti nella qualità del tempo lavorativo che impone di lavorare di più o con maggiore velocità. A tal punto è interessante prendere in considerazione tre aspetti correlati all’intensificazione del lavoro: il ritmo di lavoro, le interruzioni e il multitasking.
È chiaro che le ITC aumentino la capacità di monitorare anche i flussi di lavoro. Francis Green ritiene che «l’intensificazione del lavoro è il risultato di pratiche manageriali facilitate dalla tecnologia» e lo studio condotto dalla Wajcman sull’impatto dei telefoni cellulari concorda con la tesi di Green, poiché le ITC hanno intensificato il ritmo del lavoro offerto aumentando sensibilmente anche lo stress da parte dei lavoratori.
Sylvia Ann Hewlett individua sei principali fattori di stress riconducibili alla rigidità del lavoro combinata con l’imprevedibilità dello stesso: il ritmo veloce e i tempi costanti, la reperibilità, la disponibilità nel viaggiare assiduamente e, in ultimo, il numero di interruzioni frustranti in una giornata a causa di quelli che la Hewlett chiama: “Dispositivi di comunicazione astuti”. Con la possibilità di avere più schermi sulla scrivania di un lavoratore, la soglia dell’attenzione cala bruscamente e si riduce ad una media, circa, di tre minuti dedicati ad ogni singola attività senza interruzione.
 Ma la Wajcman mette in risalto alcuni problemi legati ad un tale approccio. Primo fra tutti, il presupposto di fondo che considera le interruzioni  come fattore di distorsione dell’attenzione dei dipendenti dal lavoro “concreto”. Al contrario, sostiene l’autrice, la tecnologia è parte integrante del compiere il proprio lavoro e i dipendenti lavorano in un ambiente in cui le ITC sono onnipresenti. In uno studio condotto su questo tema, si nota come le tecnologie abbiano modificato il tempo di lavoro ma l’interruzione diventa una forma di comunicazione, mediata, breve che permettono ai lavoratori di esercitare il controllo sul loro ambiente di lavoro e gestirne la disponibilità.
Inoltre, il concetto di multitasking è visto come un modo efficace di integrare le interruzioni nel flusso del lavoro per risparmiare tempo. Numerosi studi hanno dimostrato che il multitasking compromette le prestazioni poiché gli psicologi affermano che l’essere umano non è predisposto a dare la piena attenzione a due compiti simultaneamente. Lee Rainie e Barry Wellman sono ottimisti in quanto affermano che la capacità di fare cose diverse ha a che vedere con più ambiti per l’individuo; la famiglia, gli amici, il lavoro e le istituzioni senza creare problemi o confusione. Edward Hall, invece, sostiene che la nozione di multitasking  rimandi alla distinzione tra tempo monocronico e policronico. Il primo è il tempo dell’uomo mentre il secondo è riferito alle donne e alla vita domestica nella quale, le donne, sono il fulcro attorno cui tutto ruota. Barbara Schneider ribalta questa convinzione, scoprendo che nelle famiglie a doppio reddito sia per i padri sia per le madri il multitasking è un’esperienza positiva e non si lega soltanto all’universo femminile.
In conclusione è chiaro come le ITC abbiano aumentato la velocità e la facilità con cui le informazioni possono essere raccolte, elaborate, analizzate e condivise in combinazione con una norma culturale che accelera il ritmo del lavoro. Allo stesso tempo, però, le nuove tecnologie diventano automatiche favorendo la nascita di diversi ritmi temporali e modalità di lavoro. Molti sociologi tra cui Ulrich Beck e Antony Giddens hanno scritto sul concetto di accelerazione del tempo ma è Richard Sennett che ha una visione lungimirante e rivoluzionaria  parlando della perdita  a “lungo termine” del tempo,  che nel capitalismo produce crisi. Il lavoro, nella vecchia economia industriale, è condizione di stato, dignità, possibilità di auto-sviluppo; il capitalismo flessibile non da le basi per la formazione di una dignità lavorativa e ciò comporta un disagio crescente, nuove forme di alienazione e la ricerca, vana, di un posto di lavoro per dare un senso alla propria vita.

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