domenica 5 giugno 2011

Derrick de Kerckhove: "L'architettura dell'intelligenza"

"Questo libro è un tesoro. Di intuizioni, di link, di percorsi".
Tale è l'incipit della Prefazione di Antonino Saggio al libro di Derrick de Kerckhove, guru dei nuovi media, "L'architettura dell'intelligenza" (2001). Il testo, oltre a essere ricco di idee, ci mette profondamente in crisi, misurando di volta in volta il nostro know - how tecnologico, sociologico o filosofico con ciò che lo studioso propone.

Un primo aspetto da considerare è il metodo adottato da Derrick de Kerckhove nello scrivere il testo: lo studioso ha messo in rete il libro mentre lo stava facendo (p. 6).
Questa è stata un'intuizione brillante dello studioso, che ha permesso al mondo della Rete di accedere alle sue conoscenze e di connettere, forse per la prima volta, intelligenze e individui intorno a sé.
Un secondo aspetto su cui riflettere è il contenuto. Il guru dei nuovi media affronta la necessità di creare un nuovo alfabeto, consono alle strutture e allo "spazio" della Rete.

Nel primo capitolo lo studioso pone la questione dello spazio creato dalle nuove tecnologie, dove l'architettura dell'intelligenza diviene l'architettura della connettività, mettendo insieme tre ambienti spaziali in cui viviamo oggi: mente, mondo e network.
Lo studioso sostiene che la comparsa del cyberspazio, creato da Internet, ci porta a riconsiderare del tutto i precedenti due tipi di spazio (mente e mondo).
Ma facciamo un passo indietro, tornando all'epoca di Ippodamo da Mileto per constatare quanto l'urbanistica sia determinante per la configurazione dello spazio. Ippodamo da Mileto è stato il primo a introdurre nella storia occidentale ciò che sarebbe diventato la tipica griglia urbana del Nord America, l'unico luogo a essere fino a poco tempo fa esclusivamente fondato sull'alfabeto fonetico. In questo modo, Ippodamo immette un principio di razionalità che ha avuto delle ricadute considerevoli su ogni aspetto della vita romana. Ma sarà l'invenzione della stampa a rafforzare decisamente la concezione di spazio come noi lo intendiamo oggi.

La connessione fra l'alfabetizzazione greca e la griglia urbana è diretta, perché l'uso delle lettere per i fonemi del linguaggio ha introdotto fra le culture che ne hanno fatto uso una nuova relazione con lo spazio (p. 8). L'alfabeto è stato ed è una tecnologia centrale nell'elaborazione umana dell'informazione, quindi ha anche delle ricadute rilevanti sul modo in cui è strutturata, oggi, la rete.
Sullo stesso principio di analisi ritroviamo alcuni concetti come quello di "prospettiva", che a sua volta riflette la modalità di elaborazione delle informazioni che un cervello alfabetizzato adotta quando considera lo spazio. Qui diviene centrale il cosiddetto "chiasmo ottico", il quale divide le funzioni visive fra l'emisfero destro (che afferra la visione) e l'emisfero sinistro (che la analizza). Entrambi le funzioni sono eseguite uniformemente sull'intero spettro visivo disponibile.

Tuttavia tutto quello che vediamo, secondo i neuroscienziati, è anche frutto di una costante attività di calcolo e taratura. Una mente allenata dalla lettura ad analizzare il testo può facilmente analizzare lo spazio. E la prospettiva si configura proprio come analisi dello spazio nel tempo, attraverso la distanza. Una mente dedita alla lettura potrebbe anche essere in grado di organizzare e pianificare lo spazio circostante.

Una mente dedita alla lettura, Marcus Vitruvius Pollio, ha prodotto il primo completo trattato di architettura, prezioso, in quanto contenente, in ogni capitolo, una sorta di compendio dei precedenti testi di architettura, in particolare quelli risalenti all'epoca greca.
I principi sostenuti da Vitruvio sono Firmitas, Utilitas, Venustas, ovvero stabilità, utilità, bellezza. Di queste qualità le più importanti sono: dimensioni, armonia, proporzioni, simmetria, ornamento e colore. E' evidente la tendenza visiva di questo insieme di principi: la bellezza nell'arte e nell'architettura occidentale è oggetto di visione, ignorando tutti gli altri sensi. La percezione globale dell'edificio è dominata dalla visualizzazione della facciata, l'edificio è qualcosa da guardare. Questa inclinazione visiva pone le persone alfabetizzate in relazione "frontale" con il mondo. Questa relazione è oggi messa in crisi dai network e dalla realtà virtuale.

Un altro concetto da esporre è quello della "Rappresentazione". La tendenza alla rappresentazione nasce generalmente da un bisogno della mente di comprendere ciò in cui è coinvolto il corpo (p. 12). Attraverso l'alfabetizzazione, la tendenza alla rappresentazione è rafforzata dai lettori che traducono il testo nelle immagini rappresentate dalle parole. Il motivo per cui la tendenza visiva domina la cultura alfabetizzata è da ritrovare nella lettura, che richiede alla mente di sviluppare un processo di visualizzazione come "immaginazione". Letteralmente, l'immaginazione è il potere di creare immagini nella propria mente. Quindi, l'interpretazione di un testo ci richiede un esercizio costante delle nostre capacità immaginative (ibidem). Noi impariamo a interiorizzare il campo visivo riproducendolo nell'immaginazione e, in questo modo, costruiamo la nostra mente.

La mente dell'individuo occidentale lavora non guardando fuori, ma "dentro": l'occhio ha la funzione di una lente che separa chiaramente l'interno dall'esterno e inverte l'asse dell'osservazione verso un "teatro interiore", una costruzione teoretica che chiamiamo mente, ritenendolo un universo completamente individuale. Questo è lo "spazio mentale" che costruiamo attraverso la nostra esperienza quotidiana. E' il nostro spazio intimo, interno. Così, ordiniamo le nostre menti.

I lettori dell'alfabeto, quindi, possiedono due spazi: uno dentro la testa e l'altro fuori. Per realizzare una sorta di coesistenza fra i due spazi è necessario che lo spazio esterno sia fisso, mentre quello interno mobile, seppur avente caratteristiche razionali. Ed è in relazione alla "mente privata" che si sta verificando uno sviluppo psicologico nuovo: la formazione della mente connettiva.

Oggi lo spazio interno è stato probabilmente ristrutturato dai media elettronici: TV, radio, computer e Internet. Insieme, essi costituiscono il cyberspazio: sono compresi nel World Wide Web. C'è una nuova connettività fra le menti private nel mondo.
Uno schermo connesso è una mano direttamente nel mondo, è il portale attraverso cui le menti interagiscono. La mente privata è connessa ad altre persone nel cyberspazio e quest'ultimo è percepito come un vero e proprio spazio perché ha un dentro e un fuori.

Derrick de Kerckhove sostiene che vi è un problema riguardo al principio di occupabilità del cyberspazio. Internet e il web sono entrambi virtuali, un fatto che coloro che promuovono la Realtà Virtuale (RV), spesso mancano di riconoscere (p. 16). Tuttavia, è proprio la virtualità del cyberspazio che lo rende affine a uno spazio mentale. Il cyberspazio è senza dubbio diverso dallo spazio fisico. E' un ambiente che permette la configurazione delle reti. Ma anche lo spazio mentale è virtuale: entrambi sono dotati di memoria, entrambi elaborano le informazioni ed entrambi sono dotati di intelligenza.

Il cyberspazio è parzialmente integrato con gli altri tipi di spazi che occupiamo (lo spazio fisico e mentale). Ha bisogno di strutture e gestione e nonché di considerazioni architettoniche (p. 17).
Secondo Anna Cicognani, gli architetti dovrebbero avere un'autorità nella costruzione degli ambienti on line. L'architettura potrebbe fornire un terreno di esplorazione e di correlazione per i tre spazi.

A questo punto, è utile una comprensione di come l'architettura entri in rapporto con gli altri due spazi (mente e mondo). Questo è il significato di "architettura connettiva". L'architettura connettiva è quella che provvede all'inteconnettività fisica e mentale dei corpi e delle menti; è basata sulla nozione che esista qualcosa come le menti interconnesse e che le loro connessioni siano sostenute da tecnologie che permettono loro di riunirsi in momenti specifici. L'architettura connettiva, attraverso l'uso di software e hardware, facilita la libera riunione e separazione delle menti che collaborano a uno scopo comune (p. 18). Le forme di mediazione che si sviluppano in rete non sono né individualiste né collettive, ma connettive. Mentre le prime due forme assumono una singola direzione, quelle connettive sono più versatili, più aperte, e basate sull'eterogeneità dei loro membri.
L'architettura dell'intelligenza affronta la sfida a scoprire le strutture delle reti più efficaci a moltiplicare la mente attraverso la mente (ibidem). Essa riguarda la gestione unificata dello spazio fisico, mentale e virtuale, con l'obiettivo di comprendere specificamente dove e come essi interagiscono (p. 70). Questo lavoro probabilmente richiede la formazione di una nuova professione, il "cybertect", che dovrebbe creare sentieri affidabili e ambienti utili nel cyberspazio e fra il cyberspazio e lo spazio reale. Così come l'architettura si occupa di costruire luoghi per le persone che si trovano faccia a faccia, l'architettura connettiva si occupa di strutturare connessioni, progettare forme e strutture di telepresenza e collaborazioni nelle reti fra luoghi reali (ibidem). Un cybertect dovrebbe considerare soprattutto il modo in cui le persone entrano in relazione in un mondo prevalentemente cognitivo.

Studiosi come William Mitchell, Thomas Horan, Mark Surman e Darren Wershler - Henry propongono diversi principi su cui deve fondarsi l'architettura dell'intelligenza (cap.5).
William Mitchell introduce i seguenti principi:

1. Dematerializzazione, ovvero sostituzione di cose materiali con cose immateriali, come la lettera sostituita dall'e-mail.
2. Smobilitazione, cioè muovere bit è più facile che muovere persone (come ad esempio la possibilità di lavorare da casa).
3. Personalizzazione di massa, cioè utilizzo di silicio e software su vasta scala per la consegna soltanto di quello che è richiesto nei contesti specifici (per esempio, giornali personalizzati, aggiornamenti automatici ecc.).
4. Gestione intelligente, ovvero mettendo intelligenza nei congegni possiamo ridurre gli sprechi (per esempio sistemi di irrigazione intelligenti)
5. Trasformazione dolce, ovvero adattare nelle aree sviluppate il comune fabbricato esistente, gli spazi pubblici e l'infrastruttura di trasporto in base ai nuovi requisiti richiesti.

Thomas Horan espone altri cinque principi chiave:

1. Progettare per la molteplicità, ovvero considerare la possibilità delle persone di compiere attività giornaliere a qualsiasi ora, in qualsiasi luogo.
2. Progettare insieme luoghi tradizionali, cioè il bisogno di progettare luoghi digitali e di rispettare al tempo stesso luoghi tradizionali come case, biblioteche e scuole.
3. Progettare oltre l'architettura, cioè considerare i rapporti sinergici fra scambio elettronico e scambio fisico.
4. Progettare per la comunità, ovvero connettere reti civiche.
5. Progettare in collaborazione, cioè bisogno di includere gli utenti nella creazione di nuovi ambienti high - tech.

Infine, March Surman e Darren Wershler - Henry ci ricordano che, nel cyberspazio, sono le persone a fare la differenza, non la tecnologia. Questi sono i principi da loro proposti:

1. Il collettivo è l'appendice killer di Internet. La differenza fra Internet e tutte le precedenti forme dei media è il ruolo che attribuisce alle persone. Quest'ultime, connettendosi in relazioni molti-a-molti, formano comunità, connected intelligence.
2. On line, siamo sempre più grandi della somma delle parti. Le persone creano qualcosa di più grande di se stesse quando sono connesse fra loro.
3. Nell'economia dello spazio comune, per prosperare occorre condividere il potere.
4. Il reciproco interesse personale costruisce comunità... e colpisce le corporazioni parassite. In Rete tutto ciò che si fa per se stessi può essere utile anche agli altri.
5. Nello spazio comune, quindici minuti di celebrità sono una ricompensa migliore del denaro. Specialmente negli sforzi tecnici, fare qualcosa di intelligente e guadagnarsi il rispetto dei propri pari è la più grande soddisfazione.
6. La tecnologia distribuita cresce. La tecnologia solitaria muore. E' necessario che si creino dei dispositivi in grado di permettere relazioni molti-a-molti fra le persone e di dialogare con altri strumenti usando standard aperti.
7. La rivoluzione viene da posti più strani. Nuove grandi idee nello spazio comune difficilmente vengono fuori da un laboratorio.

Rivisitando le pagine del libro di Derrick de Kerckhove, possiamo concludere che il principio fondante dell'architettura dell'intelligenza è la democrazia, la quale, secondo lo studioso, "riconosce la connettività come una nuova entità politica, richiedendo chiara comprensione dei suoi diritti e privilegi accanto a quelli della collettività e a quelli dei privati cittadini" (p. 79).

A questo punto è d'obbligo dire che il libro "L'architettura dell'intelligenza" si configura come un tesoro di link e di percorsi, ma soprattutto di idee, che permetteranno agli esperti di approfondire la relazione esistente fra la mente umana e la Rete, al fine di creare uno spazio comune e condivisibile, sempre più adatto e funzionale alla nuova società.

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