domenica 5 giugno 2011

Social Network: usi e opportunità

Affrontando in questi ultimi mesi l'argomento "Internet nella vita quotidiana" è stato quasi inevitabile confrontarsi sui Social Network. Che uso ne facciamo? Si può parlare di dipendenza in certi casi, o è semplicemete un modo di comunicare recentemente esploso e destinato a terminare? E' stato più volte sottolineato come il 2007 sia stato l'anno del boom del social networking, anche se il fenomeno è nato ben prima. Il 1995 infatti, nasce Classmates.com, con l'intento di far riallacciare contatti con i compagni di scuola. Nel 2003 un altro punto di svolta importante è sancito dalla nascita di MySpace, dalla nota semplicità d'utilizzo, e nel 2005 con Youtube.

Ormai due anni fa, lessi per la prima volta un testo di Patrice Anne Rutledge pubblicato nel 2008, dal titolo "Social Networking", dedicato alle molteplici forme e usi che si possono fare dei social: dal tempo libero, alla ricerca di un lavoro, alla creazione di un business e al suo mantenimento. La varietà di offerta possibile su questi siti è spaventosa e non è eccessivo affermare che a ognuno spetta il suo social network. L'abitudine tutta italiana di considerare quasi esclusivamente Facebook (recentemente è avvenuto un decollo di Twitter nella nostra penisola), oscura una larga fetta di nicchie interessanti che evidenziano l'utilità dello scambio di informazioni che avviene su queste piattaforme (cafemom.com; dogster.com; shelfari.com).

Non meraviglia che l'argomento nel corso di questo ultimo decennio abbia appassionato gli studenti e i ricercatori di comunicazione, che hanno suddiviso il campo di indagine in più aree riguardanti: a) la costruzione dell'identità, b) la creazione del network e la sua struttura, c) la differenza tra i social network off e online, d) la preoccupazione sulla privacy.

Ad attirare la mia attenzione sull'argomento è stata una pubblicazione recente (2010) di Ezster Hargittai, professore associato del dipartimento di Communication Studies della Northwestern University, Illinois, dal titolo "From Dabblers to Omnivores: a typology of Social Network Site Usage" [Dai dilettanti agli onnivori: una tipologia d'uso del Social Network].

In questo lavoro Hargittai si chiede se esistono sostanziali differenze nell'uso dei social network tra gli utenti occasionali e frequenti e se è possibile riscontrare una differenza tra chi è fedele a un solo sito e chi invece è attivamente coinvolto in più di uno. Per definire le varie tipologie, nel lavoro sono state prese in considerazione sia la frequenza con la quale visitano questi siti, sia il numero di Social Network a cui partecipano. Questi i risultati:

Dabblers = coloro che frequentano un solo sito saltuariamente
Samplers = coloro che visitano più di un sito ma non spesso
Devotees = gli utenti attivi su un solo sito
Omnivores = gli utenti attivi su più siti

Gli studenti di college tra i 18 e i 19 anni sono stati un campione perfetto per la ricercatrice e i suoi collegh, con lo scopo di analizzare i diversi livelli e intensità della partecipazione ai siti di social networking. Dalle rilevazioni sono emersi dei dati importanti: il genere per esempio, è un fattore di differenziazione quando si parla di intensità d'uso (la percentuale d'intensità d'uso tra le donne è superiore a quella maschile). Ancora, gli studenti che non vivono in famiglia sono portati a fare un uso maggiore dei social network; esiste una correlazione tra il tempo speso online, le capacità di utilizzo della rete e l'intensità dell'uso dei social network.

Come per tutti i fenomeni, anche per i social network è lecito chiedersi se e quando avverrà un calo evidente di iscrizioni e partecipazione. Prima dell'avvento di Facebook per esempio, era MySpace il social di riferimento nelle comunità dei giovani o di chi voleva condividere i propri interessi. Attraverso quali forme si espliciteranno la partecipazione e la condivisione nella rete? Pare comunque che, almeno per un po' di tempo, i social media saranno lo specchio di esigenze di partecipazione, come è attestato da un report di JWT, secondo cui i giovani sotto la soglia dei 30 nutrono una grande preoccupazione di non essere inclusi, la cosiddetta FOMO (fear of missing out, paura di essere tagliati fuori) e i social network sono estremamente efficaci nell'evitare questo scenario.

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