venerdì 2 giugno 2017

Il tempo del lavoratore nell'era digitale

di Laura Sannini

Da sempre l’uomo investe un enorme quantitativo di risorse per l’avanzamento tecnologico in modo da velocizzare i processi fisici ed ampliare le facoltà intellettive, tanto nella quotidianità quanto in ambito lavorativo; ciò che manualmente richiederebbe ore, forse giorni, con l’ausilio macchinico prende pochi minuti, a volte pochi attimi, ma questa velocità nel creare riesce davvero a far risparmiare tempo e lavoro all’uomo?
Accantonando il dilemma filosofico sorto agli inizi dell’età moderna (la macchina è un’alleata del lavoratore o una nemica che sottrae il posto alla mano umana?) l’attenzione si pone sull’interazione lavorativa tra l’uomo e la macchina: molti mestieri, come il postino, l’operatore telefonico o l’operatore bancario, stanno pian piano scomparendo, velocizzati e rimpiazzati da mezzi più potenti (l’e-mail, le registrazioni e i siti internet) o tipi diversi di occupazioni più adatte al nuovo panorama tecnologico come l’ingegnere informatico o il nomade digitale.
Queste figure professionali più specifiche modificano il panorama socio-economico inserendosi nel mondo del lavoro con nuove competenze e differenti metodi operativi, i quali portano anche un’etica professionale in linea con i bisogni del cliente, in quanto luoghi e modalità di lavoro sono cambiati radicalmente: molti di questi mestieri permettono di agire da qualsiasi luogo sia dotato uno strumento di trasmissione delle informazioni (che si tratti dell’ufficio postale o dell’applicazione di messaggistica istantanea Telegram).

giovedì 1 giugno 2017

Il caso “He Will Not Divide Us”: il furto della bandiera anti-Trump e il concetto moderno di privacy

“Siamo tutti rintracciabili”, “con Internet nulla è più segreto”, “la privacy non esiste più”: queste sono solo alcune delle frasi ricorrenti all’interno della nostra società iperconnessa che implicherebbero una fragilità crescente negli ambiti della privacy e della segretezza, ma quanta verità di fondo c’è effettivamente in esse?
Un evento recente ha in qualche modo supportato queste ipotesi: la community di 4Chan è riuscita a scovare in poco tempo un oggetto reso appositamente impossibile da trovare utilizzando solo una serie di servizi online gratuiti, un social network e una buona dose di lavoro di squadra.

Amazon Mechanical Turk: un esempio di digital labour

La diffusione delle nuove tecnologie ha rivoluzionato il mondo: le istituzioni, le qualifiche e i modelli di consumo sono cambiati e con essi il mercato del lavoro. Si stanno affermando sempre più nuove modalità di lavoro che si basano su valori quali flessibilità e leggerezza. Stiamo assistendo al consolidamento di una società che costringe gli individui a vivere in condizioni sociali instabili e frammentate, infatti i sentimenti più diffusi sono l'ansia e l'incertezza per il proprio futuro.  Oggi giorno le persone cercano di abituarsi a questo nuovo stile di vita altamente flessibile al punto tale da accettare anche stipendi miserabili pur di lavorare e di dare un senso alla propria vita.
L'esempio preso in considerazione per analizzare le nuove tipologie di lavoro digitale è Amazon Mechanical Turk, ne avete mai sentito parlare?


Perché gli adolescenti sembrano strani in rete?

di Annabella Candia

Danah Boyd nel suo libro "It's complicated. La vita sociale degli adolescenti sul web" racconta come oggi, gli adolescenti, siano fortemente attratti dai social media. Facebook, Twitter, Instagram, la messaggistica istantanea e
altri rappresentavano per gli adolescenti di allora. Li usano più o meno per gli stessi motivi per cui le generazioni precedenti andavano ai balli scolastici, si riunivano nei parcheggi, colonizzavano i cortili delle case o tenevano occupato il telefono per ore. Molti degli adulti credono che la propria infanzia sia stata più ricca, più bella, più semplice e più sicura dell’esperienza dei giovani contemporanei mediata dalla tecnologia; associando l’ascesa della tecnologia digitale al declino sociale, intellettuale e morale.
Meyrowitz afferma che i media elettronici facciano collassare facilmente dei contesti apparentemente disconnessi. " Un esempio è Carmichael, attivista americano per i diritti umani, che nei suoi comizi usava stili linguistici diversi in base al tipo di pubblico. Ma quando ha cominciato attraverso radio e tv è stato costretto a scegliere il linguaggio e a selezionare il pubblico. Un collasso del contesto avviene quando si è costretti ad affrontare nello stesso momento contesti sociali altrimenti senza relazione fra loro e con norme diverse, e che apparentemente richiedono risposte sociali diverse." Gli adolescenti, quando interagiscono con i social media, devono sempre confrontarsi con contesti collassati e pubblici invisibili. Se decontestualizzato, quello che gli adolescenti fanno e dicono sui social media sembra strano, se non problematico. È importante pensare al pubblico a cui l’adolescente si rivolge, al di là di chi effettivamente legge. Purtroppo capita che gli adulti credano di capire ciò che vedono sul web, senza considerare come gli adolescenti immaginassero il contesto postando una particolare foto o un commento. La capacità di capire come contesto, pubblico e identità siano legati fra loro è una delle sfide essenziali per comprendere come muoversi nei social media. E nonostante tutti gli errori che possono fare e fanno, gli adolescenti sono spesso gli apripista nell’immaginare come navigare in un mondo connesso in cui contesti collassati e pubblici immaginati sono la norma.


giovedì 11 febbraio 2016

I Big Data tra marketing, privacy e controllo sociale


di Giovanni Abbatangelo

Barry Wellman e Lee Rainie, nel loro best-seller “Networked. Il nuovo sistema operativo sociale” (2012) si riferiscono alla nostra era come il frutto di una “tripla rivoluzione” generata dalla diffusione dei network sociali, di internet e delle connessioni in mobilità. È indubbio che le nostre vite siano state notevolmente modificate da questo repentino sviluppo tecnologico: siamo tutti più connessi, spesso always on (S. Baron), i nostri dispositivi elettronici diventano sempre più indispensabili e allo stesso tempo più pervasivi, siamo tutti più consci della nostra natura di prosumer, ossia consumatori e allo stesso tempo produttori di informazioni.
 
La questione dei dati è al giorno d’oggi di grande attualità: se fino a pochi decenni fa un gigabyte sembrava una grande quantità di informazioni, oggi Internet “contiene” un numero incommensurabile di GB di dati, nell'ordine dei cinquemila miliardi, e il trend non sembra destinato a diminuire. Ogni giorno produciamo quantità eccezionali di sms, mail, telefonate, post, immagini, video, chat e documenti che vengono inviati tramite reti sia cablate che wireless per mezzo di dispositivi fissi e mobili capaci di registrare le tracce delle nostre operazioni. Anche i motori di ricerca immagazzinano i nostri “movimenti” online, mentre i sistemi di pagamento automatizzati (caselli autostradali, POS, ecc.) conservano le tracce dei nostri acquisti. E non dimentichiamo i social network, i quali registrano le nostre connessioni con amici, colleghi, conoscenti, e i sistemi GPS che monitorano in tempo reale tutti i nostri spostamenti fisici.


Tenendo a mente questo scenario, non ci si può stupire del fatto che questa mole imponente di dati, se messi assieme, sono in grado di fornire una grande quantità di informazioni sull’individuo che li ha prodotti più o meno consapevolmente. Si tratta dei cosiddetti Big Data, in sostanza “grandi dati”, chiamati così per la loro dimensione e complessità, che permettono di classificare e schedare gli individui per scopi di marketing, profilazione e controllo.

Quali sono gli utilizzi dei Big Data? Corriamo dei rischi dovuti alla loro pervasività?

lunedì 14 dicembre 2015

Il Prosumer tra consumo critico e assoggettamento alla marca

di Dalila Mutone

Come sottolineato dall'economista Salvatore Vicari (2001) e non solo, lo sviluppo delle tecnologie avvenuto in epoca moderna, ha contribuito a ri-equilibrare i rapporti di forza tra produttore e consumatore, un tempo costituito da una totale "asimmetria informativa".
Nello specifico, Internet ha accresciuto il potere del consumatore tramite:
l'Accesso all'informazione: il consumatore ha a disposizione una quantità senza precedenti di informazioni, che lo supportano nel processo di decisione;
la Visione globale: il consumatore ha la possibilità di controllare i prezzi dei prodotti e le prestazioni delle imprese nelle diverse arie geografiche; 
il Networking: il consumatore può condividere le esperienze reali di consumo, senza doversi limitare ed affidare alle esperienze promesse dalle imprese;
le Nuove esperienze di sperimentazione: il consumatore si impegna nello sviluppo di prodotti e nella loro condivisione;
l'Attivismo: il consumatore è più propenso a fornire giudizi e feedback riguardo prodotti e servizi.


Tali opportunità hanno avuto evidenti conseguenze sui processi di business: basti pensare che grazie al networking il consumatore finisce col  basarsi, per le proprie valutazioni e scelte d'acquisto, sulle opinioni degli altri consumatori condivise sulle piattaforme online.

mercoledì 2 dicembre 2015

Giornali: strategie di business per la sostenibilità in rete nel passaggio dalla carta al web.

di Suania Acampa

In un ambiente mediatico in continua trasformazione, che s’inserisce in un mercato difficile - in cui produzione e distribuzione stringono la gola agli imprenditori del settore - le testate giornalistiche come hanno affrontato la trasformazione dal cartaceo al digitale? Che strategie di business hanno utilizzato per la propria sostenibilità in rete? Insomma, quale sarà l’ambiente per il giornalismo del futuro?

Per far luce su questa questione è stato opportuno mettere a confronto due studi di settore: il primo è Chasing Sustainability on The Net curato da Esa Sirkkunen, Clare Cook e Pekka Pekkala, sullo studio di tre scuole di giornalismo internazionale (USC Annenberg California, University of Tampere Finlandia, Wasenda University di Tokyo). Il secondo è uno studio del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti presentato al Digit 2014. La metodologia di questi due studi è la stessa, entrambe hanno utilizzato le interviste semistrutturate per la raccolta dei dati da analizzare.

Chasing Sustainability On The Net
La ricerca internazionale ha mappato 69 startup giornalistiche di nove paesi nel mondo, inserendo i dati raccolti in un database chiamato SuBMoJour, il quale contiene, in dettaglio, i modelli economici utilizzati da ogni azienda analizzata.

Sul piano internazionale la ricerca ha individuato due tipologie di Startup: la prima tipologia tende ad utilizzare un modello economico orientato alla produzione di contenuti, mentre la seconda tipologia tende ad utilizzare un modello economico orientato ai servizi.
Il modello economico della prima tipologia di startup (risultato essere quello che prevale) tende a monetizzare il contenuto giornalistico in quanto tale, facendo largo uso della pubblicità e puntando sul dato di fatto che, il giornalismo online conta un pubblico estremamente di nicchia, ossia orientato a temi specifici quali hobbies, cronaca, tendenze psicografiche (stili di vita, orientamento culturale, moda, gossip, ecc).
Il modello economico della seconda tipologia di startup (risultato essere in crescita) punta all’offerta di servizi, quali possono essere training, organizzazione eventi, realizzazione progetti web, ma anche prodotti premium (e-book, feature interattive).

venerdì 29 maggio 2015

Diritto d'autore: tutela o censura?

Il copyright è un concetto diverso rispetto al diritto d’autore dal momento che il primo indica il diritto di copiare e usare un contenuto, il secondo nasce con l’intento di tutelare la proprietà intellettuale garantendo un compenso all’autore. Spesso, però, i due termini sono usati come sinonimi: è il caso del testo dei due esperti olandesi di cultura ed economia Joost Smiers e Marieke van Schijndel dal titolo “La fine del copyright. Come creare un mercato culturale aperto a tutti”.




 La domanda che i due autori si pongono è: il...

IL DIRITTO D'AUTORE è UNO STRUMENTO DI CENSURA?



Smiers e van Schijndel, partendo dalla critica del sistema attuale di copyright si pongono l’ambizioso obiettivo di indicare una strategia di cambiamento che consenta una distribuzione e una fruizione più democratica dei contenuti culturali, un faire use, articolata in quattro punti:

mercoledì 27 maggio 2015

Il ritmo della vita sta accelerando? - Pressed for Time cap. 1

di Marta Formato

Com'è cambiata la percezione del tempo nella società contemporanea e come questa influisce nelle nostre vite?

Giorgio De Chirico, L'enigma dell'ora, 1911
Sono alcuni dei quesiti che la sociologa australiana Judy Wajcman si pone all'interno del libro Pressed of time. The acceleration of life in digital capitalism (2015). Attraverso un approccio multidisciplinare, l'autrice offre una visione sulle relazioni tra l'uomo e le tecnologie che, secondo la convizione più diffusa, accellerano la percezione temporale della società contemporanea.

La sua riflessione parte dopo un viaggio in Papua Nuova Guinea che le ha permesso di prendere le distanze dalle convenzioni temporali della nostra società e di realizzare come altre culture organizzino le attività quotidiane secondo una percezione temporale differente. Da qui la Wajcman sottolinea come esistano diversi modi di pensare il tempo, a seconda del tipo di cultura, del gruppo sociale e del genere.

Lavorare con connettività costante - Pressed for Time cap 4

Di Mary J Auriemma
Judy Wajcman, nel capitolo IV di “Pressed for time”, analizza come nel XXI secolo le tecnologie dell’informazione e della comunicazione abbiano influenzato l’esperienza di lavoro.
Le ITC hanno modificato i vincoli di spazio e tempo dando la possibilità di lavorare ovunque e in qualsiasi momento. I dispositivi digitali alleviano la pressione del tempo, anche se il lavoro è eseguito nel tempo ed è considerato un atto temporale poiché si basa sullo scambio di retribuzione per la capacità di lavorare in un periodo di tempo specificato. Eppure, nel caso delle attività lavorative più complesse risulta difficile misurare il lavoro in termini di durata o quantità di tempo.
Facendo un piccolo passo indietro è facilmente deducibile l’importanza dell’orologio nel disciplinare il lavoro e aumentare la produttività nell’ambito dell’impresa, ad esempio quella manifatturiera, come ci fa notare l’autrice. La catena di montaggio di H. Ford è stata l’espediente tecnologico per intensificare il ritmo di lavoro e aumentare la produzione.
   
Ma dietro ogni tecnologia che colpisce le relazioni sociali, citando David Noble, esistono le stesse relazioni sociali. Le tecnologie di produzione sono il riflesso dei rapporti sociali di produzione. Difatti le infrastrutture tecnologiche e i differenti ma specifici dispositivi creano le condizioni, più o meno favorevoli, per l’autonomia del lavoro, il controllo sullo sforzo e i suoi parametri. L'evoluzione tecnologica sta però riguardando sempre più anche la sfera del quotidiano, le pratiche della socialità e della riproduzione sociale. Il telefono cellulare, il personal computer, l’email, messaggi di testo, il web sono utilizzati da vari utenti modificando non solo i ritmi di lavoro ma anche pratiche sociali, convenzioni esistenti, norme ed obiettivi nelle istituzioni sociali.

Tempo di parlare. L'intimità attraverso la tecnologia - Pressed for Time cap. 6

di D.T. Marra
Articolo basato sul capitolo sesto (Time to talk. Intimacy through technology) di Pressed for time: the acceleration of life in digital capitalism di Judy Wajcman.


Una delle grandi problematiche e preoccupazioni che ha caratterizzato e caratterizza ancora i dibattiti legati alle nuove tecnologie riguarda l’estensione del tempo di lavoro a causa della connettività ubiqua. La paura è che, essendo possibile restare connessi in qualunque luogo, il tempo privato possa essere invaso dallo spazio lavorativo.
In questo capitolo, Judy Wajcman analizza come e in che modo le information and communication technologies coinvolgano i nostri affetti e relazioni, prestando particolare attenzione alla distinzione tra spazi lavorativi e privati. Contrariamente al mito di tendenza per il quale la connettività è associabile alla fine del privato, la Wajcman sostiene che le ICT non estendono e colonizzano tutto il tempo fuori dallo spazio di lavoro. Nella sua visione le ICT possono aiutare a controllare il tempo, preservarlo ed usarlo. Inoltre, se prima lo spazio non permetteva intimità durante i periodi di lontananza, per la Wajcman adesso le ICT ci aiutano a combinare l’intimità con la distanza spaziale in modi prima inimmaginabili.

Scoprendo il tempo nell'era digitale - Pressed For Time cap.7

di Raffaella Lopez

Il concetto di tempo è sempre stato un argomento presente, all'interno dei diversi studi. La Wajcman ci vuol far riflettere, come la pressione culturale del tempo viene recepita dagli individui nell'età digitale.

Judy Wajcman insegna sociologia alla London School of Economics and Political Science. Nel suo
 recente saggio Pressed for Time. The Acceleration of Life in Digital Capitalism, uscito nel 2015 e non ancora tradotto in italiano, interviene nel dibattito accademico sui cambiamenti della vita sociale, correlati all’avvento delle nuove tecnologie (ICT); in particolare, in merito alla percezione del tempo nel mondo contemporaneo.

Il settimo capitolo, che qui riassumiamo e commentiamo, inizia con un pensiero di Barbara Adam, dell’università di Cardiff: abbiamo bisogno di dis-alienare il tempo e legarlo ai nostri bisogni.

Il paradosso della pressione temporale - Pressed for Time cap. 3

di Daniela Sparano

La pressione culturale del tempo si ripercuote sulla vita degli individui postmoderni ed in particolare su quella delle donne, sempre più soggette ad aspettative imperanti e vittime di una società che impone modelli di vita disgregati e pressanti.
The University of Chicago Press, 2015


Judy Wajcman  insegna sociologia alla London School of Economics and Political Science. Il suo ultimo saggio è: Pressed for Time. The Acceleration of Life in Digital Capitalism.

Il concetto di tempo è stato al centro di disparate analisi sociologiche, ma la prima ad evidenziarne il paradosso, insito all'interno attingendo ad un'analisi accurata del quotidiano, è stata Judy Wajcman. La percezione che gli individui, soprattutto, nell'era postmoderna, hanno del tempo è legata a diversi fattori: economici, sociali e di genere.

I fattori economici riguardano le possibilità finanziarie che ogni soggetto possiede, come riprende Veblen nella sua teoria della classe agiata, maggiori sono le proprie potenzialità economiche e più alto è lo status sociale di un individuo, o di una famiglia, maggiore sarà il quantitativo di tempo che questi hanno a disposizione, ma la percezione del tempo non è legata soltanto allo status economico e sociale, ma innanzitutto al genere.

martedì 26 maggio 2015

Il tempo del lavoro domestico - Pressed for time cap. V

di Lucia Orlando

Qual è il rapporto tra la tecnologia domestica e il tempo che le famiglie destinano al lavoro domestico? La Wajcman, per rispondere, mette in evidenza gli effetti che la rivoluzione industriale hanno avuto in casa, permettendo alle donne di poter lavorare.

L’argomento rimanda ovviamente alla questione di genere. Nel '900 fordista i ruoli di uomini e donne erano ben definiti: gli uomini lavoravano e le donne si occupavano della casa e della cura della famiglia. Parsons e Bales sostengono infatti che la funzione femminile di moglie-madre viene appresa durante la socializzazione primaria dei bambini e si stabilizza con la personalità adulta.

Ruth Schwartz Cowan sostiene che con l’avvento delle tecnologie domestiche, la famiglia è passata da essere una unità di produzione a una unità di consumo, in cui i processi sono molto complessi ed eterogenei. Cowan spiega che il fallimento della "rivoluzione industriale in casa", per eliminare le attività domestiche, è avvenuto in quanto la meccanizzazione ha dato luogo a tutta una serie di nuovi compiti, i quali, anche se non fisicamente impegnativi, richiedevano comunque gli stessi tempi. Inoltre, anche se la tecnologia domestica ha fatto aumentare la produttività del lavoro domestico, è stata accompagnata da crescenti aspettative del ruolo della casalinga, che ha generato più lavoro per le donne. Infine, la meccanizzazione ha avuto solo un effetto limitato sui lavori di casa, perché nel contesto della privatizzazione ognuno gestisce i propri lavori secondo i propri tempi e le proprie necessità.